Il sacro Romano Impero

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Oltre alla costante minaccia costituita dai Longobardi, la chiesa dovette fronteggiare costantemente attriti con l'autorità imperiale, come avvenne quando Leone III tentò di imporre con un decreto l'iconoclastia, prontamente rigettata dal papa Gregorio II.
La minaccia dei Longobardi venne sventata definitivamente con la discesa di Carlo Magno del 774, quando sconfisse definitivamente il re longobardo Desiderio.
Nel Natale dell'anno 800 Carlo Magno fu proclamato dal papa Leone III Imperatore del Sacro Romano Impero.
Contestualmente nasce lo Stato Pontificio, sui possedimenti della Chiesa Romana, costituito da quello che venne chiamato il patrimonio di San Pietro.
Vennero istituite milizie, uffici amministrativi, ed in particolare, sotto papa Adriano I la città di Roma vive un periodo di rinascita, con la ripresa dei lavori per infrastrutture necessarie, come gli acquedotti, le mura o gli argini per contenere le ricorrenti piene del Tevere. Si restaurarono santuari, i resti dei martiri e le reliquie dalle catacombe vennero trasportati nelle chiese, il Palazzo del Laterano venne trasformato in magnifica residenza, degna di una corte imperiale.
Carlo Magno fu un grande riformatore, operando praticamente in ogni ambito dell'Impero, intervenendo per dare all'impero una migliore organizzazione e una sorta di impronta culturale. Ma il suo nome è inscindibilmente legato alle imprese militari, che lo portarono, all'apice del suo impero, ad unificare i territori dell'intera Europa, costituendo un regno, sul quale "non tramontava mai il sole".
Ma la debolezza intrinseca e le minacce di disgregazione di un impero così vasto, esposero nuovamente la città di Roma alle frequenti minacce, questa volta degli arabi, lasciandola praticamente senza difese.
La carica e l'autorità papale erano minacciate non solo dall'esterno, ma anche dai continui contrasti con l'autorità imperiale, e lotte intestine che si ripetevano alla soglia di ogni elezione.
Emblematico fu l'episodio che portò il sovrano Enrico IV a scontrarsi con il papa Gregorio VII nella celebre "lotta per le investiture". L'impegno di Enrico per rafforzare l'autorità imperiale, concretizzato nella volontà di assegnare l'arcidiocesi di Milano, nel frattempo divenuta vacante, trovò la ferma opposizione del papa. Enrico IV dichiarò illegittima l'elezione del pontefice al Sinodo di Worms, il 24 gennaio 1076, intimando ai romani di sceglierne uno nuovo. La reazione di papa Gregorio VII fu immediata: colpì il sovrano con la scomunica, sciogliendo i suoi sudditi dall'obbligo di fedeltà, desacralizzando l'impero.
Il tentativo di Enrico IV di assicurarsi la fedeltà dei nobili, senza perdere l'appoggio del pontefice, fallì miseramente. Il sovrano, per riparare al danno, fu costretto a recarsi nell'inverno fra il 1076 e il 1077 a Canossa in processione penitenziale per ottenere la revoca della scomunica. La ottenne solamente dopo che per tre giorni e tre notti (dal 25 al 27 gennaio 1077) rimase in umiliante attesa di fronte al portone di ingresso del castello della contessa Matilde di Canossa, inginocchiato e con il capo cosparso di cenere. La tradizione vuole che nel frattempo fosse in corso una terribile bufera di neve.
La lotta fra il papato e l'impero, favorì la rinascita di un organismo, che all'interno di questo insanabile contrasto, tentò di ritagliarsi un ruolo autonomo nel governo della città, il senato. L'istituzione venne formalmente ricreata nel 1143, e composta da 56 membri, in rappresentanza dei rioni in cui era suddivisa la città di Roma. Tale ulteriore tentativo di arginare l'autorità papale, attirò le ire del pontefice. Arnaldo da Brescia, un predicatore, giunse a Roma verso la metà del XII secolo, invocando la nascita di un libero comune, sostanzialmente autonomo e antipapale. La sua battaglia era una sostanziale condanna al potere temporale della chiesa. Arnaldo venne scomunicato e la città di Roma interdetta da papa Adriano IV. Successivamente il predicatore venne catturato, consegnato a Federico Barbarossa, giunto a Roma per l'incoronazione, ed ucciso. Il corpo di Arnaldo fu arso al rogo e le sue ceneri cosparse nel Tevere, per impedire che la devozione popolare venerasse le sue spoglie.
I contrasti fra la politica papale e i laici che intendevano limitare il potere conseguito dalle strutture ecclesiastiche, sono una costante del periodo, rappresentate di volta in volta sottoforma di lotte tra famiglie che si scontrano organizzandosi in vere e proprie fazioni. Nel XIII secolo le famiglie più esposte sono quelle degli Orsini (sostenitori del papato) e dei Colonna (sostenitori dell'autorità imperiale).
Il papa che forse meglio di chiunque altro rappresenta la volontà di perseguire con ogni mezzo la centralità del potere papale e la sua supremazia sopra ogni altra autorità è Bonifacio VIII, l'ultimo grande difensore della centralità e dell'universalità della Chiesa. La sua figura di pontefice è stata molto controversa, gli sono state imputate condotte sciagurate e convinzioni non propriamente ortodosse. Dal punto di vista politico, l'episodio più celebre di cui si è reso protagonista, è quello relativo allo "Schiaffo di Anagni". Filippo IV il Bello, venuto a conoscenza delle dicerie sulla condotta del papa (fra le altre cose, era ritenuto responsabile della morte del suo predecessore, papa Celestino V, fu accusato di simonia e sodomia, di negare l'immortalità dell'anima), convocò un concilio per proclamare la destituzione di Bonifacio VIII. La proposta fu accettata quasi all'unanimità dai rappresentanti del clero francese.
Il papa, venuto a conoscenza dei provvedimenti francesi, preparò una bolla contenente la scomunica contro il re di Francia, nota con il nome di Super Petri solio.
La sua promulgazione però non avvenne mai, poiché degli emissari di Fillippo IV, scortati dall'intera famiglia Colonna, da numerosi rappresentanti della borghesia di Anagni e gran parte del Sacro Collegio dei Cardinali, congiurarono contro il papa, catturandolo e costringendolo alla prigionia nel palazzo pontificio di Anagni. Il pontefice fu sottoposto per tre giorni a minacce ed ingiurie, fino a quando, un improvviso capovolgimento portò la borghesia di Anagni a prendere le difese del papa, rivoltandosi contro i congiurati ed i Colonna. Tale episodio fu giudicato in modo talmente oltraggioso e irriguardoso nei confronti del pontefice, da scandalizzare perfino i suoi più acerrimi detrattori.
Il periodo successivo segnò la decadenza di Roma, simboleggiata dalla scelta del successore di Bonifacio di non risiedere nella città eterna. Clemente V scelse infatti di trasferire la sede del papato nella città francese di Avignone. I motivi della scelta furono infatti le ricorrenti lotte che dilaniavano la capitale, suggerendo al papa di porsi direttamente sotto la protezione del re di Francia. L'elezione di papa Clemente V fu un enorme successo per la monarchia francese, la quale ebbe modo di pilotarne l'elezione. Si parla addirittura di un accordo formale sottoscritto da Clemente prima della sua elezione. Il conclave che finì per proclamarlo papa si svolse a Perugia, e durò ben undici mesi, continuamente interrotto dalle ingerenze del re di Francia Filippo. Fra i primi atti del pontefice, spiccano il ritiro di bolle e provvedimenti che in qualche modo fossero applicabili al suo protettore e che risultassero di impedimento alla monarchia francese.
Le sorti di Roma sembrarono precipitare. Le lotte intestine fra le varie fazioni presero il sopravvento sopra ogni altra cosa. Gli eventi si spinsero al punto tale da far nascere in Cola di Rienzo, l'idea di creare a Roma una Repubblica, un comune dotato di ordinamenti propri e proprie risorse, per sollevarlo dallo stato di miseria in cui decenni di guerre fra baroni e il papato l'avevano trascinata.
Il popolo accolse con molto entusiasmo i primi provvedimenti, volti a debellare la violenza privata, destinare risorse pubbliche in favore dei più bisognosi e sfruttare diversamente i terreni che i baroni delle città vicine tenevano infeudati.
La città si infiammò di nuovo vigore, mostrando grande attaccamento a Cola e al nuovo Comune, almeno fino a quando il governo di Cola di Rienzo non sfociò nel delirio. Fu costretto prima ad abbandonare la città sotto mentite spoglie, per essere poi ucciso e trascinato cadavere fino alla residenza dei Colonna per essere bruciato.

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