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Il XVIII e il XIX secolo sono anni in cui gli eventi si rincorrono rapidamente nella capitale, rendendo gli scenari sempre più incerti e dai risvolti spesso imprevedibili. In particolare gli anni compresi fra il 1789, con la rivoluzione francese e il dominio napoleonico nell'intero continente europeo, e il 1848/49, gli anni dei moti che sconvolsero gli assetti di Roma e dell'Europa intera.
L'Illuminismo, la Rivoluzione Francese e il Congresso di Vienna, lasciarono ampi strascichi e fornirono numerosi spunti per la circolazione di idee liberali e repubblicane, favorendo e determinando un clima che alcuni personaggi incanalarono nella costituzione di associazioni più o meno segrete. La prima e la più importante fu quella denominata "Carboneria", protagonista di numerosi moti rivoluzionari e animata da personaggi del calibro e della statura morale ed intellettuale di Giuseppe Mazzini. Il teorico del programma rivoluzionario nacque a Genova, ma a causa delle proprie idee fu costretta a lasciare l'Italia per la più sicura Marsiglia. Dopo il fallimento dei primi moti rivoluzionari, il suo programma troverà espressione, continuità e condivisione in varie figure, fra le quali Giuseppe Garibaldi, Massimo D'Azeglio e Vincenzo Gioberti.
Il Risorgimento vero e proprio prenderà avvio da una serie di moti rivoluzionari e rivolte spontanee fallite, come avvenne in occasione delle Cinque Giornate di Milano, episodio che risale al 1848. Sarà la seconda fase, quella che si sviluppa negli anni 1859-1860, quella decisiva per l'unificazione della penisola. Grazie all'alleanza con la Francia di Napoleone III il Piemonte di Cavour e di Vittorio Emanuele II portarono a compimento il progetto di unire l'Italia, grazie anche alla spedizione dei Mille guidata da Giuseppe Garibaldi. Il 17 marzo 1861 venne dichiarata l'Unità d'Italia.
Seppur prevedendo come capitale morale del nuovo regno la città di Roma, il territorio in questione rimaneva di proprietà dello Stato della Chiesa, ancora sotto la protezione delle truppe francesi. La completa unificazione, con annessione dello Stato Pontificio, avvenne solamente il 20 settembre 1870, quando le truppe italiane, capeggiate da bersaglieri e carabinieri, crearono un varco entrando nella capitale attraverso la Breccia di Porta Pia, uno squarcio di circa 30 metri aperto a cannonate accanto appunto a Porta Pia.
L'annessione al Regno d'Italia di Roma fu sancita il 2 ottobre 1870, mentre il trasferimento a capitale è del giugno 1871, destinazione che segue il precedente avvicendamento da Torino a Firenze.
L'evento fu accolto molto negativamente dal pontefice, il quale reagì scomunicando il re Vittorio Emanuele II e con l'esplicita proibizione ai cattolici di partecipare attivamente alla politica del nuovo stato italiano (non expedit).
La città di Roma era, per ovvi motivi, la capitale designata per il nuovo regno, anche se per strutture amministrative, sociali, politiche ed economiche, non ne sarebbe stata all'altezza. Non c'erano industrie che potessero competere con quelle di altre città, il clero fossilizzato nelle sue posizioni con ampie disponibilità di latifondi e rendite patrimoniali, nessuna traccia di ceto medio liberale, analfabetismo diffuso e malattie endemiche sempre in agguato. Tale situazione mutò radicalmente nei successivi trent'anni, allorché vennero investite ingenti somme per consegnare al Regno d'Italia, oramai alle soglie del 1900, una città in grado di competere con le grandi capitali europee.